“Te lo giuro, guarda che lui aveva un carattere orribile!” Dissi al mio amico “Ho capito, ma mi pare anche esagerato reagire in quella maniera…” rispose lui “Erano altri tempi, la gente era legittimata ad ammazzare per vendetta, cosa vuoi che fosse un pugnetto sul naso…”.
Raccontai più o meno in questi termini l’aneddoto riguardante Michelangelo che ho inserito nel secondo capitolo di “Michelangelo non è una tartaruga”. Era una serata tra amici di almeno cinque anni fa, in un pub di Bologna dove di solito incontravo i Tinder date. Sono abbastanza certo che eravamo più o meno tutti al quarto o quinto giro, e quella mole di Guinness in corpo, oggi come allora, in me scaturisce sempre due cose: una vena di cantante fallito, nonché stonato, e una tendenza impennante ad un’eccessiva e cronica loquacità. Divento, insomma, di un logorroico che farebbe perdere la pazienza ai santi, dei quali si dice che pecchino sette volte al giorno… ecco… se si fossero trovati in una situazione del genere con me, sicuramente avrebbero infranto il quinto comandamento, ovviamente ai miei danni.
Ma cosa volete che vi dica… non ci riesco, io devo parlare di temi non richiesti se la conversazione intavolata fino a quel momento mi annoia, e ad essere del tutto sincero non avrei neanche bisogno della spinta alcolica certe volte. Questa volta però il mio interlocutore mi ascolta interessato, incuriosito e attento. Si vede proprio che l’argomento lo interessa particolarmente nonostante studiasse tutt’altro. Quasi non credeva possibile che una persona tanto venerata nel mondo dell’arte potesse avere delle caratteristiche e dei difetti del tutto umani. Fu in quel momento che un’altra persona presente al tavolo, spazientita, disinteressata e dal marcato accento veneto mi urlò ridendo “Oh ma vai in mona! Sfoga ste voglie di parlare che c’hai scrivendo un libro così ci fai pure gli schei!” Ovviamente ho italianizzato il più possibile quel che in realtà era stato detto in una simil lingua di Mordor evocata dal luppolo.
Non presi sul serio quel commento, in fin dei conti all’epoca non esisteva Rey Sciutto, non esisteva il Sacro Calabro Impero e non esistevano neanche i miei principali profili. L’idea di scrivere un libro su delle curiosità legate alla storia e alla storia dell’arte mi sembrava un qualcosa di così surreale… intendiamoci però, l’idea di scrivere qualcosa mi allettava da sempre, sia per una vocazione personale che per il pressing psicologico di mio padre che aveva captato quest’ultima molto presto. I social sono stati il mio pulpito, il mio megafono, il mio microfono, la platea a cui poter raccontare come e quanto volevo tutte le storie che avevo immagazzinato fino a quel momento della mia vita, ma parliamoci chiaro, quanto si può pretendere di raccontare in soli novanta secondi? Non sarebbe neanche corretto nei confronti del pubblico giovane che ho raccolto intorno a me far credere che determinate cose si imparino solo sui social, per elaborare e farle proprie ci vuole quel mezzo classico che ci ha accompagnato fin dal medioevo: i libri. Sono loro i veri custodi del sapere dai quali si devono attingere le informazioni e gli insegnamenti delle grandi menti del passato e del presente.
Intendiamoci, non pretendo con questo titolo di essere annoverato fra quest’ultime, ma se in futuro dovessi venire a sapere che “Michelangelo non è una tartaruga” ha ispirato un ragazzino o una ragazzina qualsiasi ad approfondire quel che da anni ormai racconto sui social, e che da quest’anno si può ritrovare anche sulla carta stampata, beh… allora sarò finalmente conscio del fatto che, dopotutto, il mio lavoro non è stato del tutto inutile, e che il mio contributo l’ho dato, seppur minuscolo… Buona lettura!