Lea CuccaroniQuasi settembre
Che strana grandezza fisica il tempo, pensa Ludovica mentre fissa sul tabellone digitale le cifre che segnano il ritardo del volo EZY8182, senza più nemmeno riuscire a metterle a fuoco. Cinquantasette eterni, immutabili minuti e la situazione non accenna a migliorare. Colpa del diluvio che infuria là fuori, oltre le grandi vetrate dell’aeroporto. Colpa di questo feroce temporale di fine estate: la più assurda che Ludovica abbia mai vissuto. Attorno a lei gli altri passeggeri hanno un’espressione sempre più rassegnata e ognuno inganna l’attesa come può. Ludovica è pronta a ricominciare per la terza volta How I Met Your Mother quando realizza che il suo cellulare è scarico. Fortunatamente, una decina di metri più in là, la saracinesca semiabbassata di un bar lascia intravedere una ragazza alle prese con le pulizie e la speranza di trovare una presa elettrica non ancora assediata. Quando, pochi istanti dopo, deciderà di non fermarsi davanti al secco «siamo chiusi» della ragazza dentro al bar; quando si chinerà per passare sotto la saracinesca e superare quella soglia; quando, dopo il botta e risposta iniziale, si ritroverà a raccontare a quella sconosciuta i suoi due ultimi, incredibili anni di vita… soltanto allora Ludovica riuscirà a comprendere fino in fondo il significato di quel pensiero: il tempo è davvero una strana grandezza fisica. Tre mesi possono valere più di vent’anni. Un’estate può durare un soffio e una vita, a volte, può stare tutta in un istante, «il secondo prima di buttarsi, quando tutto può succedere e nessuna opzione è stata scartata, l’attimo in cui tutte le nostre vite possibili coesistono in un futuro non ancora imboccato».