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Il manga sbanca le classifiche, affascina i lettori di tute le età, attira collezionisti e manti degli ANIME, le loro versioni a cartoni.
Anche mio nonno era un Otaku! racconta l’avventurosa storia dei Manga e le tante rivoluzioni che questa forma di fumetto ha vissuto nel corso del tempo.

Da un paio di anni abbondanti il mondo occidentale sta attraversando un vero e proprio boom del manga, con migliaia di otaku nati come funghi negli ultimi tempi. Vi vedo un po’ smarriti… Vi state per caso chiedendo cosa siano i manga e cosa siano gli otaku? Nessun problema, mettetevi comodi perchè sto per spiegarvelo.

Come spiego approfonditamente nel mio libro “Anche mio nonno era un otaku, l’incredibile storia dei manga”, uscito il 22 febbraio per Mondadori Electa Junior, il termine manga (漫画) è la parola con la quale solitamente in occidente si indicano i fumetti di derivazione giapponese, anche se, più di recente, si è finalmente consolidato il più corretto utilizzo di manga come tecnica narrativa di un certo tipo di fumetto, di derivazione giapponese ma che può essere creato in tutti gli angoli del globo terrestre. Originariamente il termine poteva essere tradotto letteralmente come “immagini divertenti o immagini derisorie” e, con il passare degli anni, ha assunto per i giapponesi il significato di fumetto, tanto che, in Giappone, un fumetto italiano verrà chiamato manga italiano così come un fumetto francese verrà chiamato manga francese. Come accennavo poc’anzi, il manga è ormai sinonimo di una certa tecnica narrativa consolidata nel tempo che consiste in una suddivisione particolare dello schema della narrazione e altri particolari e che non ha niente a che vedere, come invece si è pensato per anni, con particolari convenzioni grafiche come ad esempio, per citare la più famosa, gli occhioni, che vengono usati spesso, ma non sempre, nel fumetto giapponese. Per dirla in breve, contrariamente a quanto pensino molte persone, non esiste uno “stile manga” bensì un particolare modo di fare e intendere il fumetto che comprende al suo interno decide e decine di diversi stili e tecniche grafiche o comunque figurative, tanto che ci sono manga che vanno da quelli realizzati in stile chibi (piccoli e coccolosi) a quelli con i personaggi disegnati in modo grottesco per finire a quelli disegnati in modo ultra realistico.

Definire cosa sia un otaku è certamente un compito più arduo, vi darò quindi un accenno del suo significato per rimandarvi poi alla letture del mio libro che lo spiega più dettagliatamente. Se andiamo a leggere cosa riporta il dizionario Oxford Languages, otaku significa “Giovane dedito in maniera ossessiva a una particolare attività, hobby o interesse (spec. fumetti, cartoni animati, videogiochi e computer)”, una definizione che, seppur calzante, presenta degli errori e dei passaggi forse anacronistici o quantomeno incompleti. A cominciare dal fatto che l’otaku debba essere giovane, cosa smentita dalle decine e decine di appassionati che oramai possono definirsi al massimo “giovani dentro”, come il sottoscritto. La parola otaku nasce nella terra del Sol levante come un onorifico traducibile come (la sua casa -御宅/お宅). È proprio questo significato di appartenenza ad una cerchia molto ristretta e familiare che spinge ad usarlo ad alcuni artisti creatori di anime e manga sul finire degli anni settanta per rivolgersi ad altri appassionati come loro, ancora come onorifico seppur in modo un pochino più sarcastico. Negli anni, la parola venne quindi dapprima usata per definire i forti appassionati di manga, anime (i disegni animati), videogiochi e tutto ciò che gravitava intorno a questo mondo. Assunse un’accezione negativa per qualche tempo a causa del pessimo lavoro di alcuni giornalisti giapponesi, che cercavano del sensazionalismo nella storia di Tsutomu Miyazaki, uno squilibrato che nei primi anni ottanta si macchiò di orrendi crimini. Essendo Miyazaki anche un fruitore di fumetti erotici, questi sedicenti giornalisti non persero tempo ad affibbiargli il nomignolo “assassino otaku”, facendo “negativizzare” questo termine per parecchi anni successivi. Fortunatamente, con la globalizzazione degli ultimi anni e con tanto lavoro di ricerca da parte di moltissimi amanti di queste forme d’arte, la community si sta pian piano riappropriando del termine che le appartiene di diritto, non avendo giustamente più nessun paura ad utilizzarlo per descrivere le proprie passioni e anche per sentirsi parte di una grande famiglia dedita agli stessi interessi, riuscendo infine a legittimare nuovamente una parola nata con le migliori intenzioni.

Questo è stato solo un breve excursus all’interno dei mondo dei manga, se volete saperne di più vi ricordo che trovate il mio libro Anche mio nonno era un otaku, l’incredibile storia dei manga” in tutte le librerie, fumetterie e store on line per  Mondadori Electa Junior.

Maurizio Iorio